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Dott. Gian Carlo Giuliani – Medico Internista Poliambulatorio VillaIris

Secondo le più recenti indagini un italiano su due effettua una ricerca su Internet allorquando necessita di informazioni sulla salute (2015) e tale rapporto si trasforma in 2 su 3 se si considera solo la popolazione più giovane e quella adulta. Si tratta, certamente, di un fenomeno che ha contribuito a modificare, ma talora a complicare, il rapporto tra la popolazione e la salute e, soprattutto, il rapporto tra la popolazione e gli Operatori Sanitari. Ma indipendentemente da questo aspetto, che prenderemo in considerazione dopo, si deve sottolineare come dopo il proprio medico (85%), il ricorso al web (74%) per ottenere delle informazioni sanitarie stia ampiamente superando altre storiche modalità (parenti, farmacista, altri media ecc.), prevalendo tale tendenza tra le persone laureate.

Tali dati risultano in crescita anche solo rispetto ad 1 anno prima (2014) allorquando l’apposito Rapporto CENSIS ci ha indicato come ormai fosse circa il 42% degli italiani ad utilizzare Internet come fonte di informazione sanitaria, per informarsi su specifiche patologie (78%), su medici e strutture sanitarie (29%), per prenotare visite ed esami (25%), per comunicare con il proprio medico o per esprimere valutazioni e commenti. Percentuali particolarmente alte, specie se si considera come in Italia le persone connesse corrispondano al solo 65,6% della Popolazione, facendo dell’Italia il 17° paese per diffusione del web nel mondo.

Tale fenomeno, come detto, non pare, al momento, sempre ben accetto da parte dei Medici e, in generale, degli Operatori Sanitari, ripensando a cosa successe secoli orsono con l’invenzione della stampa, colpevolizzata dalla paura che potesse servire a divulgare a persone incolte una cultura medica che non doveva uscire dalla cerchia dei professionisti della salute, timorosi di perdere potere ed il proprio ruolo sociale. Gutemberg e Zuckerberg, curiosamente accomunati da una somiglianza sonora e da un finale comune (berg, vale a dire montagna), hanno in effetti rivoluzionato il mondo dell’informazione e della comunicazione, creando però anche timori e sconforto tra alcune categorie di professionisti. Ma se Gutemberg ha in realtà permesso la realizzazione di raccolte ed archivi di sapere a favore innanzitutto degli stessi medici, Zuckerberg ed altri informatici innovatori del web hanno spesso provocato involontariamente qualche confusione, permettendo talora la diffusione di messaggi scorretti che sono diventati in breve “virali”, ben più conosciuti e creduti dalla popolazione rispetto alle vere conoscenze scientifiche, queste ultime talora irrise o demolite da navigatori privi di appropriate conoscenze sanitarie. E’ uno dei “rischi paradossi” del progresso o, come si sente spesso dire, lo scotto che si deve pagare per la rivoluzionaria democrazia digitale provocata dal web, almeno nei suoi primi decenni di vita.

Sui temi della salute il rischio delle bufale può presentare dei risvolti pericolosi e delle conseguenze imprevedibili, potendo creare false illusioni (sull’efficacia di una cura non idonea) o favorire ingiustificate e drammatiche decisioni tipo il sospendere delle cure scientificamente validate per intraprendere percorsi destinati al fallimento. L’oncologia ne è, a tal proposito, un fulgido esempio, con numerosissimi casi, sempre più frequentemente riportati dai Media, di Pazienti che decidono di interrompere la chemioterapia per affidarsi a trattamenti privi di fondamenti scientifici che sembrano appartenere più alla storia della medicina che a quella del futuro. Certamente quando l’efficacia delle cure diminuisce alla pari delle speranze in una guarigione, è umano spingersi a provare qualcosa di diverso e di nuovo, giustificabile e quasi incoraggiabile, non certo però quando dietro ad una “nuova cura miracolosa” si sottendono truffe o raggiri o la mente malata di chi si ritiene guaritore o salvatore del mondo.

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